Con l’aiuto di un drone, provate a guardare un'imbarcazione di coppia o di punta con i bracci aliante carbonio impegnata in una regata internazionale. Vi accorgerete che lo scafo sottoposto alle sollecitazioni di chi sta in barca rimane perfettamente dritto, almeno tra i costruttori di vertice.
In passato, invece, le deformazioni della barca - fino al punto di farla assomigliare ad una "S" - erano abbastanza comuni soprattutto nella punta dove le forze torcenti raggiungono i massimi livelli, anche prima che il braccio fosse spostato alle spalle dell'atleta.
Succedeva perché i costruttori di imbarcazioni da canottaggio puntavano soprattutto sulla solidità dei braccioli in riferimento ai carichi del braccio. I braccioli erano una sorta di paratie rigide. Le sezioni successive non venivano però rinforzate alla stessa misura e, quindi, sotto sforzo tendevano a ruotare. È per questo che si parla di strutture a parametri concentrati, di fatto superate dall’impatto con i nuovi bracci aliante in carbonio, che hanno accentuato il problema. Quei parametri sono oggi equamente distribuiti.
In questo senso l'esempio della torsione di una lattina calza a pennello. Se la torcete in senso opposto alle due estremità si creerà una linea a 45 gradi che dimostra che siamo di fronte ad una rotazione con lo stesso angolo e senza interruzioni. A partire da questa constatazione, con il contributo dei software, dell'introduzione di materiali innovativi e dei test al vero, si è oggi passati a strutture con i cosiddetti parametri distribuiti.
Certamente l'avvento del braccio aliante in carbonio (ormai nel singolo è quasi una scelta scontata) che è la versione più performante in casa Filippi, sia nella coppia che nella punta, ha accelerato questo processo.
Come dicevamo, per non diventare una "S" la barca deve rispondere con una forza uguale e contraria a quella prodotta dal movimento del braccio.
E il movimento lo conosciamo tutti, quasi a memoria, grazie al supporto delle telecamere, ormai frequenti, a bordo di uno scafo.
Sia nella punta che nella coppia, il canottiere esercita una compressione sul braccio e questo, per la propria posizione dietro al perno, tende a sollevarsi verso prua e a torcere la barca in una zona ristretta: quella all’altezza dei fori di fissaggio del braccio sulla barca. Da qui la necessità di riequilibrare il “momento” torcente, per evitare che avvengano quelle deformazioni che un programma di F.E.M. (studio degli elementi finiti) è in grado di individuare e valutare, capaci di penalizzare il progetto fluidodinamico pensato dai nostri ingegneri.
Ovviamente le cose cambiano tra aliante di coppia e di punta. Di coppia, la torsione può essere soprattutto derivata da errori tecnici commessi dall'atleta, vista la posizione del braccio in barca. Nella punta, quel movimento è considerato normale e in base alle simulazioni effettuate, corrisponde a circa 120 kg per 1 metro, che è la distanza tra l'applicazione della forza e il centro della barca.
In questo caso, a differenza di quello che succedeva con l'utilizzo dei braccioli, non ci si può più accontentare di rinforzi relativi. L'esperienza del canottaggio in acqua e i software ci dicono che la barca va irrigidita per tutta la lunghezza delle mastre e anche oltre. Questo determina l'aumento degli spessori del sandwich, ferme restando alcune stratificazioni mirate nei punti nevralgici.
È qui che viene fuori il valore aggiunto di un'azienda come la nostra, che non ha mai smesso di fare innovazione e di cercare soluzioni più originali ma oggettivamente testate. Dove altri si limitano a copiare l'esistente e quello che si riesce a intuire a livello di laminazione, noi raccogliamo il frutto di decine di caratterizzazioni del sandwich al vero e al computer, cercando di ottimizzare scelte che vengono da conoscenze acquisite della materia prima.
Oltretutto sulle nostre imbarcazioni per i bracci aliante si è pensato da subito a garantire l'assorbimento del massimo dei carichi possibili, nel rispetto dei limiti di peso imposti dal regolamento. Ovvio il riferimento alla cosiddetta voga italiana, dove i carichi raddoppiano su entrambe le bordate. A maggior ragione chi adotta impostazioni standard potrà beneficiare di un manufatto con rigidità assolute.
Capita che i nostri clienti ci chiedano a posteriori di trasformare di punta, un'imbarcazione nata per l'aliante di coppia. Ovvio che non sia la scelta ad hoc per uno scafo di élite, considerando che nella coppia la stratificazione è ridotta (in ragione dei momenti di torsione differenti) e al peso di per sé maggiore di un braccio di coppia. E lo stesso vale, se si parte dall'acquisto di un'imbarcazione per la punta, aggiungendo successivamente i bracci di coppia. Ben comprendendo le esigenze di un club, ovviamente la struttura del sandwich consente entrambe le soluzioni. Il consiglio, quando è possibile, è quello di indirizzare la scelta su una specialità alla volta.